RIFLESSIONE DI DON GIANCARLO LANFORTI – FIRENZE

SO CHE L’AMORE E’ TUTTO

 

FIRENZE

 

Grazie Albino. Approfitto anch’io per inviare a tutti un fraterno saluto. Invece delle meritate vacanze, sono impegnato nel trasloco e nei lavori di ristrutturazione per la nuova destinazione. Sono stato inviato parroco in un’altra parrocchia fiorentina. E, ovviamente, aumenteranno lavoro e responsabilità…Vi domando una preghiera per questa fase di abbandono (20 anni al Galluzzo non sono pochi) e di incontro con una bella, ma sconosciuta, comunità di 10.000 abitanti. In questi giorni un po’ difficili mi sono tornate utili le parole del Papa che ho rielaborato e che desidero condividere con voi.
Mi sento anch’io come Mosè, uno che si è avvicinato al fuoco e ha lasciato che le fiamme bruciassero le sue ambizioni. Mi sento scalzo rispetto a una terra che mi ostino a credere e considerare santa. Ho imparato a non scandalizzami per le fragilità che scuotono l’animo umano: consapevole di essere io stesso un paralitico guarito.

Con l’olio della speranza e della consolazione, desidero farmi prossimo di ognuno, attento a condividerne soprattutto  l’abbandono e la sofferenza. Avendo accettato di non disporre di me stesso, consegno al Signore il tempo che Egli ci affida da vivere.

So che l’Amore è tutto. E’ il segreto di ogni prete. L’amore è il segreto di ogni comunità parrocchiale, diocesana e della Chiesa intera.

L’amore è quel roveto ardente che ci marchia a fuoco l’esistenza, la conquista e la conforma a quella di Gesù Cristo, verità definitiva della nostra vita. È il rapporto con Lui a custodirlo. Sarà l’amicizia con il  Signore a portarci ad abbracciare la realtà quotidiana con la fiducia di chi crede che l’impossibilità dell’uomo non rimane tale per Dio. Tutto è possibile a Lui.

Sempre  usando le parole di papa Francesco mi sento di dire: “ il presbitero è tale nella misura in cui si sente partecipe della Chiesa, di una comunità concreta di cui condivide il cammino. Il popolo fedele di Dio rimane il grembo da cui egli è tratto, la famiglia in cui è coinvolto, la casa a cui è inviato. Questa comune appartenenza, che sgorga dal Battesimo, è il respiro che libera da un’autoreferenzialità che isola e imprigiona: «Quando il tuo battello comincerà a mettere radici nell’immobilità del molo – richiamava Dom Hélder Câmara – prendi il largo!». Parti! E, innanzitutto, non perché hai una missione da compiere, ma perché strutturalmente sei  un missionario: nell’incontro con Gesù hai sperimentato la pienezza di vita e, perciò, desideri con tutto te stesso che altri si riconoscano in Lui e possano custodire la sua amicizia, nutrirsi della sua parola e celebrarLo nella comunità.

Colui che vive per il Vangelo, entra così in una condivisione virtuosa: il pastore è convertito e confermato dalla fede semplice del popolo santo di Dio, con il quale opera e nel cui cuore vive. Questa appartenenza è il sale della vita del presbitero; fa sì che il suo tratto distintivo sia la comunione, vissuta con i laici in rapporti che sanno valorizzare la partecipazione di ciascuno. In questo tempo povero di amicizia sociale, il nostro primo compito è quello di costruire comunità; l’attitudine alla relazione è, quindi, un criterio decisivo di discernimento vocazionale.” 
Un caro saluto a tutti voi.

                                                                                                                                                                                                                          don Giancarlo