La proposta dell’UAC è ancora attuale giacché le sue intuizioni fondamentali sono state rilanciate dal Vaticano II.
Il merito dell’UAC consiste nell’aver individuato proprio nella particolare condizione dei presbiteri diocesani, imperniata sull’apostolato, una vera via di santificazione che non ha bisogno di prendere “a prestito’ forme e contenuti dalla vita monastica o religiosa, considerata fino a poco tempo fa uno “stato superiore” di santità rispetto alla situazione del clero secolare.
E’ stata così superata quella idea secondo cui ci si santificava unicamente nell’orazione e nella contemplazione, e si è dato rilievo ad una nuova visione: «l’esercizio del ministero presbiterale esige e favorisce la santità» (decreto conciliare Presbyterorum ordínis, 13).
Dall’UAC ci attendiamo ancora un maggiore impegno per la giusta valorizzazione del ministero presbiterale diocesano. Difatti, seppure l’UAC abbia profeticamente anticipato la cosiddetta “teologia della Chiesa locale” del Vaticano II (cf. SC 43, LG 23 e 26, CD 11), che ha immesso il presbitero dentro una rete di relazioni imprescindibili con il proprio vescovo, con il presbitèrio e tutto il popolo di Dio, non possiamo affermare che una tale visione sia stata pienamente recepita.
Sono infatti sempre in auge forme di individualismo ministeriale e pastorale, dure a morire anche all’interno dei nostri presbitèri, come pure l’idea che la “spiritualità diocesana” del presbitero sia una sorta di contenitore da riempire con altre spiritualità mutuate da associazioni, movimenti, terzi ordini ecc.
In altre parole, è dall’interno della propria Chiesa particolare che essi mutuano la grazia e la forza per rimanere fedeli alla parola data. Non hanno cioè bisogno di altri, pur rispettabili, riferimenti!
Questo è quanto l’UAC offre ai propri associati: la reale possibilità di vivere con gioia e passione quella sana “spiritualità diocesana del clero” – e non “spiritualità del clero diocesano” – che li aiuta a vivere in pienezza la “carità pastorale”: difatti, solo «nell’appartenenza e dedicazione alla propria comunità diocesana essi trovano una fonte di comprensione della loro vita e del loro ministero» (UAC, Statuti, n. 5). E in tal modo cresce in loro l’esigenza di vivere l’ideale concreto dell’apostolica vivendi forma proprio mediante il “sentire Ecclesiam, sentire cum Ecclesia, sentire in Ecclesia” in uno stile di vera famiglia e di autentica fraternità sacramentale.
Il beato Giovanni Paolo II, incontrandoci per l’Assemblea Internazionale del marzo 1979, chiese di proporci come un aiuto, un servizio e un ideale per tutti i ministri ordinati. E’ ciò che l’UAC, a 150 anni dalla fondazione, vuol continuare a essere e a operare.
don Giuseppe Costantino Zito
Direttore UAC di Taranto, già Segretario Nazionale