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UNA CHIESA DALLE PORTE SEMPRE APERTE

E se l’8xmille non ci fosse?

Grazie alla fiducia dei contribuenti espressa con la firma per l’8xmille alla Chiesa cattolica, ogni anno si sostengono migliaia di progetti caritativi, di culto e pastorali in Italia e nel mondo e si contribuisce al sostentamento dei sacerdoti impegnati ogni giorno nelle nostre parrocchie o in missione nei Paesi in via di sviluppo.

Ne parliamo con Massimo Monzio Compagnoni, Responsabile del Servizio Promozione Sostegno Economico della CEI.

Il 18 febbraio scorso ricorrevano i quarant’anni dalla firma della revisione concordataria, che ha avviato il processo di definizione di un nuovo sistema di sostegno economico alla Chiesa cattolica, in particolare parliamo dell’8xmille. Questo strumento è entrato nel DNA della comunità cristiana? Secondo lei, sacerdoti e laici lo sentono come una cosa che gli appartiene?

Sicuramente sì, ma fa riflettere il calo delle firme per la Chiesa cattolica negli ultimi vent’anni. Sono ancora moltissimi a firmare, ma sempre meno. Molto probabilmente perché la consapevolezza di essere tutti protagonisti del sostegno economico alla Chiesa cattolica non è ancora del tutto assimilata. Se vent’anni fa il 90% dei firmatari 8xmille sceglieva Chiesa cattolica, oggi siamo scesi sotto la soglia del 70%. Questo dato dovrebbe interrogare tutta la comunità cristiana, in particolare i nostri sacerdoti. La loro remunerazione dipende per il 70% dai fondi dell’8xmille. Le comunità parrocchiali provvedono con le quote capitarie a coprire il 7,3% del fabbisogno. Le offerte deducibili per il sostentamento del clero coprono solo l’1,6 %, mentre gli Istituti Diocesani per il Sostentamento del Clero provvedono per il 6,5%. Decidere di firmare per l’8×1000 significa essere protagonisti della vita del nostro Paese. Ma c’è un di più! Scegliere di firmare per la Chiesa cattolica significa identificarsi con le tante opere che fanno dei cattolici un elemento di coesione sociale che arriva spesso dove altri non riescono. Basti pensare alle mense della Caritas che nel periodo del Covid e anche dopo rappresentano l’unica porta aperta per tanti e non solo stranieri.

Cosa succederebbe se non ci fosse più l’8xmille come fonte di sostegno economico alla Chiesa o se diminuisse drasticamente?

Proviamo a immaginarlo insieme. Le prime porte che rischierebbero di chiudersi sono quelle delle Caritas parrocchiali, dei centri di ascolto, dei doposcuola, dei dormitori, di quella miriade di attività solidali e di welfare che anche grazie all’8xmille alla Chiesa cattolica sono alimentate e sostenute. Ma penso anche al patrimonio artistico di cui le nostre comunità sono custodi e garanti, o alle nuove chiese che spesso, nelle periferie più degradate del nostro Paese, sono veri e propri polmoni di socialità e di cultura. Infine, non trascurerei l’apporto spirituale, morale e civile degli oltre 32.000 sacerdoti che annunciano il Vangelo, celebrano l’Eucaristia, educano i ragazzi, offrono assistenza spirituale e concreta alle famiglie in difficoltà, agli ammalati, agli anziani soli, ai poveri e agli emarginati. Lo scenario non sarebbe molto edificante. Senza l’8xmille tutti questi gesti d’amore verrebbero a mancare, rendendo la nostra vita e quella del nostro Paese più povera.

Ha parlato di welfare. Che cosa intende per welfare cattolico?

Tale concetto permette di qualificare l’insieme delle attività di enti e/o organismi riconducibili alla Chiesa cattolica nelle sue diverse articolazioni, dal punto di vista del Diritto Canonico (diocesi, parrocchie, congregazioni religiose) come da quello Civile/Codice Terzo settore, ovvero di ispirazione ecclesiale cristiana inerenti i principali settori della protezione sociale. Il welfare cattolico si è evoluto nel corso degli ultimi decenni e ormai, oltre alla presenza fondamentale dei volontari, coinvolge anche diverse figure professionali per rispondere alla complessità delle esigenze e per spingersi oltre le forme assistenziali. Le nostre parrocchie ed i nostri servizi aprono le porte per accogliere le molteplici sfide della povertà, senza dimenticare l’importanza di operare in rete con le altre risorse presenti sul territorio. L’amore ai poveri e agli ultimi, l’impegno sociale e politico del credente deve aver chiaro fin dall’inizio una cosa e una cosa sola: ciò che è proprio del cristiano non è solo la risposta al bisogno, ma la liberazione dal bisogno, l’affrancamento da ogni dipendenza. Noi aiutiamo il povero perché diventi un fratello libero e responsabile e possa sedersi insieme al banchetto della vita.

Ci faccia qualche esempio.

Vorrei partire con dei dati molto concreti: nel 2022 la Chiesa cattolica ha potuto contribuire a sostenere con l’8xmille oltre 5.000 progetti tra Caritas e diocesi per oltre 200 milioni di euro. Scorrendo il rendiconto pubblicato sul sito della Chiesa cattolica si scopre una galassia di interventi che vanno dalla carità generica al supporto di famiglie disagiate, dall’assistenza a persone affette da AIDS e portatori di handicap alle vittime delle dipendenze patologiche. La rete solidale della Chiesa cattolica assiste le vittime di usura e opera per prevenire devianze adolescenziali e prostituzione. I gesti d’amore sono veramente tanti. Oltre gli interventi per l’emergenza abitativa e le esigenze primarie legate al cibo (nel 2022 circa 2 milioni e mezzo di persone hanno beneficiato di pasti e pacchi spesa, mense ed empori), abbiamo quelli per la formazione professionale e l’inserimento lavorativo, per l’assistenza ai poveri e per i centri in difesa della vita. Il welfare cattolico si articola in ogni campo legato alla promozione della dignità umana, compreso il campo dell’assistenza sanitaria. Sono migliaia, inoltre, le diocesi che sono potute intervenire nell’ambito della nuova edilizia di culto e della tutela dei beni culturali. Da non dimenticare, anche il sostegno che l’8xmille assicura agli oltre 32.000 sacerdoti che possono svolgere a tempo pieno il proprio ministero sacerdotale.

Come poter assicurare ancora tutto ciò?

Con la partecipazione. I sacerdoti ricoprono un ruolo importantissimo per permettere ancora tutto questo. Il meccanismo dell’8xmille non è automatico e ogni anno viene chiesto ai contribuenti di esprimere la propria preferenza firmando nella casella “Chiesa cattolica” presente nelle schede allegate al proprio modello fiscale (Redditi, 730 e Certificazione Unica). Da alcune recenti ricerche si evince che ci sono milioni di fedeli praticanti che non esercitano il diritto di scegliere a chi destinare l’8xmille. Firmare è un dovere e per i cattolici rappresenta un gesto per rendere tangibile la propria fede. Ogni firma ha lo stesso valore e ogni singola scelta si trasforma in migliaia di gesti d’amore. Gesti che riescono a riportare il sorriso su migliaia di volti. Per questo invito i sacerdoti a parlare di questo tema nelle loro comunità. La sensibilizzazione alla firma non è solo un compito del Servizio Promozione della Conferenza Episcopale Italiana, ma anche di tutti coloro che desiderano che le porte della nostra amata Chiesa rimangano sempre aperte.

I sacerdoti non parlano molto per sollecitare questa modalità di sostegno, per quale motivo? Forse si vergognano perché la maggior parte di questi fondi è destinata al loro mantenimento e quindi non vogliono apparire come coloro che chiedono per sé oppure perché sono convinti che sono soldi sicuri (mentre i dati dicono che non sono scontati).

È comprensibile che i sacerdoti abbiano un certo pudore nel chiedere. Anche se chiedere significa riconoscere di essere poveri, al punto di stendere la mano. Si sbaglia però a pensare che l’8xmille sia soprattutto per loro. In realtà̀, oltre a provvedere al loro mantenimento con uno stipendio-base mensile che non supera i 1.200 euro mensili, il miliardo di euro che la Chiesa cattolica riceve grazie all’8xmille va per le esigenze di culto e pastorale della popolazione italiana e per gli interventi caritativi in Italia e nei Paesi in via di sviluppo.

Non posso non concludere con le parole del Card. Attilio Nicora: “La Chiesa non è un pezzettino di esperienza che io vivo; non è quella piccola, povera garanzia che mi viene assicurata, di una parola buona in un momento di consolazione, in un episodio di infervoramento spirituale, di accompagnamento nei momenti dolorosi della vita. È anche questo. Ma la Chiesa è innanzitutto questa grande realtà, questa grande avventura da vivere insieme. È questa dimensione che va oltre me stesso. Allora mi è istintivo interessarmi di tutto, sentirmi compartecipe di ogni necessità, di ogni bisogno. Si potrebbe dire che la verifica concreta dell’autenticità di uno spirito di comunione e di corresponsabilità, è la disponibilità che uno ha di mettersi a tal punto dentro, da mettere insieme anche la questione delle risorse, dei mezzi economici, delle necessità che la Chiesa ha di sostenersi per vivere e per esercitare la propria missione”.