RIUNIONE CENTRO STUDI DEL 4/12/2014

INCONTRO DEL CENTRO STUDI UAC

04/12/2014

 

PRESENTI: Don Luigi Mansi, Vescovo Lorenzo Chiarinelli, Don Antonio Pitta, Don Luigi Renna, Don Vito Mignozzi, Don Ignazio Schinella, Don Franco Costa, Don Nunzio Capizzi, Don Luca Bonari e Don Fernando Bellelli

 

L’odg è il seguente:

  1. Nomina del Direttore, in attuazione dello Statuto;
  2. Esame della traccia tematica per il 2015 preparato dal Consiglio Nazionale,
  3. Impegno del Centro Studi per “UAC Notizie”;
  4. Varie ed eventuali.

  1. In apertura, il Presidente Nazionale Don Luigi Mansi saluta e ringrazia tutti i presenti ed indica il Direttore del Centro Studi, designato dalla sua persona, essendo stato consultato il Consiglio Nazionale, in attuazione delle modifiche al Direttorio UAC approvate dall’ultima Assemblea generale: il Direttore del Centro Studi dell’UAC è Don Antonio Pitta, che accetta l’incarico e ringrazia. Come Segretario viene designato Don Fernando Bellelli, che è il membro più

giovane del Centro Studi.

 

  1. Il Presidente dà resoconto dell’ultimo Convegno Nazionale dell’UAC, recentemente svoltosi, in attuazione del primo anno della scansione triennale del tema teologico/spirituale/pastorale per il cammino dell’UAC nel triennio 14/15/16: A proposito del tema del 2015 il Presidente invita i presenti a dare i loro contributi e suggerimenti, in vista di cammini, itinerari e iniziative dell’UAC, a partire da un’analisi della situazione dei presbiteri nelle loro concrete situazioni di vita di oggi.

 

– Don Franco Costa interviene mettendo l’attenzione sulla insicurezza come tratto caratteristico della condizione del presbitero nel tempo presente. Il presbitero oggi è esposto ad una fragilità di ordine fisica, psicologica, relazionale e relativamente all’uso delle risorse economiche. Occorre dare contributi affinché la situazione del presbitero sia tale da consentirgli di affrontare positivamente le proprie fragilità – Il Vescovo Lorenzo Chiarinelli, da parte sua, parla di spiazzamento.

I vescovi italiani in questi anni hanno messo molto in evidenza nei documenti l’aspetto del “in un mondo che cambia”, ma sembra che concretamente, nei vissuti ecclesiali, non Vita associativa si sia preso atto di questo cambiamento, e questo anche nel rapporto Chiesa-mondo. In tal senso la Evangelii gaudium è una vera e propria enciclopedia.

Per superare tali difficoltà, spiazzamento e insicurezza nella quale si trova il presbitero, egli ha la necessità di essere coinvolto nel compito che la Chiesa gli affida, ha necessità di sposare la Chiesa e la sua missione con passione. L’impressione che si ha è che i presbiteri si sentano periferia e scarto. È necessario a questo proposito aiutare il presbitero a capire qual è il suo compito nel vissuto ecclesiale per sostenerlo nel ricomporre una situazione ecclesiale e relazionale e non vivere i limiti con logiche compensatorie. Ciò che manca al presbitero oggi è il tessuto relazionale che riempie la sua affettività; il ruolo, infatti, non viene apprezzato, la leadership è in crisi e sovente non viene più sperimentata neppure nel contesto del presbiterio e nella relazione col proprio vescovo. Ciò che in generale si constata è la perdita di fiducia nel ministero. Per questo motivo occorre sostenere l’identità interiore del presbitero e la sua pastoralità.

 

– Don Ignazio Schinella riporta la constatazione che molti presbiteri italiani sono rammaricati di una spiacevole situazione oggi presente nel vissuto del clero della nostra penisola: in un certo senso i preti si percepiscono come scarto sia per la sovrabbondante proliferazione di documenti magisteriali che sono distanti dalla concretizzazione pratica nei processi e percorsi pastorali, sia per il fatto che auspicherebbero che l’attenzione del papa ai presbiteri non passi troppo sui media e maggiormente solo per i suoi interventi di correzione di comportamenti impropri di alcuni. (…le tariffe, le carriere). Ciò che conta è che il presbitero si dovrebbe sentire amato, proprio per poter portare una buona notizia che è esigente. La “Chiesa povera per i poveri” è un orizzonte sia da tenere presente sia da chiarire sempre più, anche sui temi cruciali quali quello della vita, riletti proprio nell’ottica dell’ecologia umana, a proposito della quale ci sono stati già pronunciamenti magisteriali, mentre siamo in attesa dell’enciclica di papa Francesco proprio su questo tema. Su questi argomenti, purtroppo, i presbiteri rischiano di essere molto disinformati, in particolare sul tema della vita. Ciò che è culturalmente in atto è un cambiamento di linguaggio che intende modificare paradigmi culturali, al punto che proprio il tema della vita viene quasi sequestrato dalla cultura impermeabile al vangelo, la quale, a sua volta, incrimina” la Chiesa.

 

– Don Luigi Renna interviene auspicando una riforma del clero così come è stata prospettata dall’ultima Assemblea dei vescovi della CEI proprio sul presbitero ed il presbiterio. Processi del genere non nascono sulla carta, bensì da esperienze virtuose sulle quali si riflette e che possono contribuire a definire una esemplarità. Dalla Evangelii gaudium ricava tre sottolineature:

  1. le periferie; 2. le realtà urbane (su questo tema c’è stato un raduno dei vescovi, nel quale si è affrontatol’argomento di queste realtà urbane che sono veri e propri autentici deserti); 3. la povertà. Per queste focalizzazioni delle pratiche virtuose, perché emerga anche nella pratica delle nostre Chiese lo spessore teologico che papa Francesco conferisce a queste realtà, nell’ottica di una ministerialità con il mondo.

 

– Il Vescovo Lorenzo Chiarinelli sottolinea che ci sono preti che purtroppo si sentono tagliati fuori da quest’ottica di riforma del clero. Tra l’altro la CEI non avrà la possibilità di tornare su questo tema, che perciò slitterà all’agenda del 2017. Infatti nel 2015 ci sarà l’assemblea della CEI sulla ricezione della Evangelii gaudium, e nel 2016 ci sarà l’avvicendamento alla Presidenza della CEI. Ciò che potrebbe servire a strutturare una riflessione che coinvolge tutti è il discorso sul e del clero come stile. A proposito, poi, dei discorsi fatti da Papa Benedetto XVI al clero romano dopo l’annuncio delle sue dimissioni, riguardo al Concilio, ha detto che è la Chiesa stessa l’ermeneutica del Concilio: “Ci sta a cuore, però, sottolineare l’ottica del racconto e ci pare di cogliere una chiave di lettura di grande fecondità ecclesiale ed ecclesiologica. E ciò – se è consentito esprimersi con questa terminologia – oltre le “categorie” della continuità/discontinuità, e anche del riformare o ricominciare!”1. La sostanza da perseguire è una ministerialità che giustifichi l’essere tra la gente: è urgente che il prete ricuperi il suo compito, la sua soggettività e il suo ministero – Don Luigi Mansi sottolinea come è importante la comunicazione del presbitero nel presbiterio e col suo pastore, perché non prevalga la logica perversa di usi manipolatori messi in atto dai mezzi di comunicazione sociale 1 Lorenzo Chiarinelli, Così antica e così nuova: la Chiesa! Il “gesto inatteso” di papa Benedetto XVI, Cittadella Editrice, Assisi 2014, p.38.

 

– Don Ignazio Schinella pone l’attenzione sull’interazione che esiste tra i Seminari e la realtà pastorale: a volte l’impressione è che venga chiesto che i Seminari preparino ad una tipologia di ministero che dovrebbe corrispondere ad una realtà pastorale che purtroppo non esiste nella pratica.

 

– Don Antonio Pitta prende la parola affermando che, a proposito del tema, il “con il mondo” sia fondamentale da caratterizzare, ed in base ad esso andranno valutati i contributi che si andrà ad analizzare. Si può tornare al vangelo solo se si trova la gioia: essa è una caratteristica necessaria per il prete e per il vescovo. Il suo rapporto col vangelo, in termini positivi. La Evangelii gaudium stessa va letta in termini positivi, per verificare che cosa pone il presbitero in condizione di recuperare la gioia: è la stessa visione del mondo che va offerta in termini più che positivi, proprio come la Gaudium et spes. I cinque verbi di cui parla la traccia del prossimo convegno ecclesiale di Firenze sul nuovo umanesimo sono proprio i cinque verbi della 1 Tessalonicesi: uscire; annunciare; abitare; educare; trasfigurare. Per sviluppare un discorso quale quello che viene proposto ritiene vada sottolineata l’essenzialità del rapporto tra il prete e il vangelo, che è Gesù Cristo. Avverte anch’egli una certa stanchezza nel clero che si percepisce spesso solo biasimato. Occorre anche sottolineare che non deve esser considerata assoluta l’idea che il miglior prete sia sempre e solo quello che prima o poi diventa vescovo. Tutte le situazioni di cui parla la Evangelii gaudium vanno rilette in termini positivi, sul duplice asse della relazione tra il prete e la comunità ed il prete ed il vangelo, pena il profilarsi della discussione su di un piano solo teorico e/o solo marginale, generando una situazione che incentiva lo scollamento totale delle componenti in causa.

 

– Don Nunzio Capizzi sottolinea che a tutt’oggi si pensa pastoralmente con dei punti di riferimento che paiono già passati e non attuali rispetto alle esigenze di un mondo che cambia. Occorre, in positivo, chiederci dove vogliamo andare, perché, di fronte al disorientamento, il presbitero non si ritrovi a ripetere sempre le solite cose.

È necessario, per questo scopo, valutare come utilizzare sempre meglio e non in modo esteriormente formale, gli organismi di partecipazione. Bisogna constatare con sincerità che non esiste una pastorale “per” il presbitero, la qual cosa è di un’evidenza lancinante a proposito dei preti giovani.

Per tutto ciò risulta necessario ed urgente pensare positivamente uno stile per il presbitero, e le ricadute che questo stile ed orizzonte ampio debbono avere in termini formativi: nonsi tratta “semplicemente” di dare un equipaggiamento al seminarista per ilsuo futuro da presbitero, non si tratta “semplicemente” di offrire al presbitero la formazione permanente: o si va nella direzione di una centralità del presbiterio in tutti questi processi e percorsi formativi oppure si è destinati a non riuscire a determinare lo stile del presbitero all’altezza delle esigenze del tempo presente e futuro.

È, in un certo senso, a partire dall’asserto che “siamo tutti curati, gli uni dagli altri” che la formazione iniziale e la formazione permanente acquisiscono una circolarità aperta che sia di reale beneficio per tutti.

 

– Don Vito Mignozzi, inserendosi nel discorso sullo stile, specifica l’importanza di un’attenzione al modo di abitare la storia: ciò che risulta imprescindibile al presbitero per abitare questa storia fluida e piena d’imprevisti, tali da (rischiare di) causare insicurezza, smarrimento, spiazzamento, è la consapevolezza che il ministero ordinato ha la sua propria consistenza nella sua relatività, che prima di tutto è relatività a Cristo e alla sua Chiesa, e per questo capace di “relazionare” la “relatività” dello spazio e del tempo al mistero trinitario. La caratteristica che rende possibile tutto ciò è la plasticità, che permette di “relativizzare” il modo di essere pastore in base alla concezione relazionale cristologicoecclesiologico- trinitaria del ministero del presbitero. Questo stile così configurato dice anche attenzione concreta ai volti umani del mondo e alla forma dell’annuncio. Occorre che il presbitero si faccia accanto e si faccia vicino ai “ri-comincianti”: questa forma di fede non dice nulla al ministero del prete?

 

  1. Don Luigi Mansi, tramite un aneddoto, sottolinea l’importanza della comunicazione del presbitero: il modo di dire le cose è fondamentale perché quello che si vuol dire venga accolto e praticato. Specifica inoltre le responsabilità dei componenti del Centro Studi dell’UAC: contribuire alla preparazione del Convegno Annuale e alla rivista UAC Notizie, senza escludere anche dei contributi per Presbyteri. È bello essere un gruppo di amici e confratelli che fanno questo servizio con amore per i preti.

– Don Antonio Pitta ricorda che oltre a tutto ciò è usanza dell’UAC produrre Sussidi e altro materiale vario d’impatto pastorale. Vengono confermati i due incontri annui del Centro Studi in autunno e dopo Pasqua.

– Don Fernando Bellelli si sofferma su tre punti: a) a proposito dello stile del presbitero, come ha sottolineato papa Francesco nell’incontro avuto con il clero di Caserta, la creatività autentica, capace del nuovo perché radicata nella vivente tradizione, ne è una caratteristica essenziale; b) riguardo al “con” il mondo la carità pastorale (materiale, intellettuale, morale e dunque politica, e spirituale), che è uno degli elementi centrali della riflessione sulla spiritualità diocesana sviluppata con efficacia, sempre da incrementare, da parte dall’UAC, è senz’altro una chiave di lettura integrale, a tutti i livelli, della “simpatia” ed “empatia” con il mondo di oggi e le sue “gioie e speranze, angosce e dolori”; c) risulta imprescindibile sviluppare ed evidenziare, attenzionare e raccontare, sostenere nel discernimento ed incoraggiare esperienze virtuose di fraternità presbiterale ai fini di perseguire, con i tempi dello Spirito Santo e della Chiesa, la riforma del clero auspicata a vari livelli ecclesiali.

 Don Fernando Bellelli