Il cuore di don Angelo Lessio si è fermato la sera della solennità dell’Assunta, all’Opera della Provvidenza (Sarmeola di Rubano PD), dopo pochi mesi di malattia ed un rapido declino delle forze.
Don Angelo era ancora residente a Rovolon sua ultima parrocchia. Era nato nel1934 ad Arre ed era stato ordinato presbitero nel 1959. Ha svolto il ministero di cooperatore a Montegrotto e a Mandria. E’ stato parroco di Premaore, di Cadoneghe e di Rovolon. Dopo Cadoneghe è stato per alcuni anni cappellano dell’Ospedale sant’Antonio a Padova.
Profilo di don Angelo Lessio steso da mons. Mario Morellato, suo compagno di ordinazione e già vicario generale.
“Ed ecco: ci fu un vento impetuoso e gagliardo da spaccare i monti, ma il Signore non era nel vento. Dopo il vento, il terremoto. Ma il Signore non era nel terremoto.
Dopo il terremoto un fuoco, ma il Signore non era nel fuoco. Dopo il fuoco, il sussurro di una brezza leggera. Come l’udì, Elia si coprì il volto”.
Penso che l’esperienza della presenza e dell’azione di Dio nella sua vita di credente e di prete, sia stata davvero, per Don Angelo Lessio, quella del profeta Elia. Nessun terremoto e niente lampi e tuoni, ma la brezza leggera che conforta e rasserena nel silenzio e nella carezza. E non si tratta di una esperienza debole o meno incisiva o meno emozionante. E’ stata una esperienza sbocciata nell’ambiente sereno e cordiale della sua famiglia, semplice e ricca di fede, pronta e generosa nel rispondere alle chiamate di Dio. Il legame affettuosamente intenso con i genitori, con la sorella Suora Canossiana, con il fratello e le altre le sorelle, con i tanti cugini e parenti, Don Angelo non lo ha mai rallentato e lo si tocca con mano perfino nel suo Testamento.
Questo tono di affettuosa semplicità e di fede quasi istintiva ha accompagnato e plasmato il suo carattere negli anni austeri ma fecondi del Seminario, vissuto con una intensità quasi scrupolosa, ed ha impresso un tocco specifico anche al suo ministero sacerdotale. Il quale è fluito via con grande regolarità, con limpidezza di cuore, fedeltà umile e sincera, segnato da una costante letizia, indice di un’anima generosa nel servizio e convinta della decisiva compagnia dello Spirito Santo. Sarebbe una fatica inutile tentare di ricostruire il servizio sacerdotale di Don Angelo cercando realizzazioni materiali o iniziative sensazionali o scossoni turbanti.
Ho avuto la sorte di accompagnare abbastanza da vicino questo mio compagno di classe, dalla prima ora del Barcon fino alla conclusione della sua esistenza, presso l’Opera della Provvidenza, la sera della festa dell’Assunta. Don Angelo è stato richiesto dalla obbedienza di svolgere il suo ministero in situazioni molto diversificate. E’ stato cappellano a Montegrotto e a Mandria; Parroco a Premaore, a S. Elena D’Este, a Cadoneghe e a Rovolon. Per quasi tre anni è stato Cappellano all’Ospedale S. Antonio. Eppure, in tutta questa varietà di situazioni, ho sempre avuto il riscontro di un ministero sereno, regolare, essenziale, solido e fecondo come “le piogge di stagione”, leggere e provvidenziali, di cui parla San Giacomo, o come “la pioggia e la neve che scendono e non ritornano al cielo senza aver portato il loro frutto”, delle quali ci parla il Profeta Isaia.
Come persona, Don Angelo era misurato e serio, scrupoloso con se stesso e
nel suo lavoro pastorale. Ha sempre vissuto il suo sacerdozio con grande dignità e elevatezza. Era attento soprattutto alle relazioni con le persone. È passato per comunità diverse senza mai creare o lasciare situazioni di contrasto o di conflitto con la gente. I suoi successori non ha mai avuto da tribolare per questo.
Possedeva anche un pizzico di rispettoso umorismo. Sapeva tacere e pazientare e non era sempre facile. Pur avendo un carattere semplice e limpido, tuttavia, non era uno sprovveduto o uno che lasciava correre tutto. Era una persona mite ma anche tenace e preciso nel suo servizio in mezzo alla gente.
Non vorrei proprio dare l’impressione di delineare una personalità da
canonizzare. Ma, in questo nostro tempo in cui sembra che nulla sia significativo se non crea strepito e stupore, mi sembra bello e perfino doveroso, fare memoria di una testimonianza sacerdotale luminosa per la sua semplicità e ferialità.
Anche perché, nel caso di Don Angelo, ci troviamo di fronte ad un prete sostenuto e guidato da fede autentica, da pietà vera e convinta, da sobrietà e negazione di ricerca di sé.
C’è stato un momento in cui ho davvero ammirato Don Angelo. Ed è stato
quando il Vescovo gli chiese di lasciare la parrocchia di Cadoneghe per
assumere il servizio di Cappellano presso l’Ospedale S. Antonio. Un salto enorme, per uno che era sempre stato in parrocchia e aveva in quel momento 70 anni. Quella accettazione serena a me parve quasi rischiosa! Ma era davvero una convinta accoglienza ed adesione alla Volontà del Signore.
Considero, infine, veramente un segno stupendo di grazia il fatto che Don
Angelo sia stato chiamato alla vita eterna nella sera della festa dell’Assunzione di Maria. Mi è venuto in mente che quando eravamo in Seminario Maggiore, ai tempi della “mitica” Opera della regalità, lui era responsabile dei “Gruppi Mariani”.
La devozione filiale a Maria lo ha sempre accompagnato nel suo ministero. Nel suo Testamento scrive: “Maria Santissima, la Madre del Risorto che ho invocato ogni mattina dai giorni del Seminario, mi sia vicina nell’ora della morte e mi accompagni nell’incontro con il Figlio Suo Misericordioso”. La risposta della Madre di Dio è stata un sigillo rassicurante.